Son qui che aspetto che mi attivino un tal servizio web, per poter iniziare a lavorare a un bel progetto, che quando sarà concluso appoggerò con un link QUI.
Scrollo e clicco, clicco e scrollo.
Mi lascio tirare di qua e di là dalla mia bacheca facebook, senza opporre resistenza.
Atterro sul sito di un’agenzia letteraria che seguo sui social e che sui social mi piace molto.
In una delle voci di menu leggo “MANOSCRITTI” e ci clicco, istintivamente, perché mi piacerebbe tanto avere un manoscritto da mandare in giro e così a volte faccio le prove generali, mi preparo per quando lo avrò e finalmente potrò sentirmi chiamata in causa dalla call-to-action implicita.
Le case editrici, le agenzie letterarie, le case di produzione cinematografiche, spesso non mettono un indirizzo a disposizione per l’invio di idee e progetti, probabilmente spaventati dalla mole di roba che arriverebbe loro. Proprio per questo apprezzo chi lo fa, chi ha il coraggio di investire personale ed energie in quel tipo di scouting.
All’interno della pagina MANOSCRITTI del sito dell’agenzia in questione, trovo le istruzioni per l’invio, molto dettagliate.
Poco più sotto trovo un disclaimer, legittimo (ho già detto che sono in pochi ad avere l’ardire di affrontare lo tzunami di mail che l’apertura di un canale del genere implica), ma che mi suona proprio male.
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