appunti

Responsabilità

Aprile 5, 2013

Oggi è stata una di quelle giornate in cui il mio pensiero ha oscillato tra due opposti apparentemente inconciliabili ma che sono certa tante donne-mamme possano comprendere, riconoscendoli come propri.

Questa mattina, svegliate le pupe (tutte e due nel lettone) ci siamo fatte le coccole e abbiamo salutato il nuovo giorno con sorrisi e buoni auspici, nonostante la pioggia. La Dodo ha voluto che mettessi a entrambe la maglietta dei cuccioli de “La Carica dei 101” e poi ha voluto fare una foto insieme alla sorellina, sdraiate sul letto.

Erano bellissime. Ridono entrambe e si tengono la mano e i loro visetti mi commuovono, incorniciati da fiori e animaletti del lenzuolo su cui sono sdraiate. Ho riguardato quella foto mille volte almeno nel corso della giornata, per godere di tutta la gioia che mi dà la sua sola vista.

Poi arriva sera.

Si accumulano le faccende fatte, quelle rimaste in sospeso, il senso di oppressione che danno certe responsabilità apparentemente insignificanti come il tenere a mente la lista della spesa, o mettere in ordine tutti i minuscoli pezzi di biancheria che hai pazientemente piegato la sera prima, o il pensare a cosa cucinerai domani (e c’è ancora latte abbastanza per tutti?).

Arriva sera e si apre il sipario sull’ennesima lotta fra me e la Dodo, gelosa della sorellina che si fa sempre più “invadente” e impegnata nel duro lavoro di costruirsi una personalità. Chissà perché questo lavoro debba passare per sforzi oppositivi rigorosamente serali o estremamente mattinieri. Sempre quando le lancette dell’orologio incalzano: vuoi perchè la voglia di avere un poco di silenzio e pace comincia a rodermi lo stomaco, vuoi perchè bisogna uscire di casa ed arrivare a scuola all’ora prestabilita.

Sono questi i momenti in cui ti sorprendi a ricacciare le lacrime di fronte all’ennesimo pretesto di tua figlia per alzarsi dal letto in cui cerchi di farla addormentare da un’ora, vergognosa di scoppiare a piangere di fronte ad una bambina di tre anni. Momenti in cui pensi che la tua vita è un autentico inferno e chi te l’ha fatto fare.

Forse sono pazza. O invece…

Allora mi è venuto in mente un film bellissimo, Un’ora sola ti vorrei, di Alina Marazzi, che ho visto per la prima volta nel 2004 quando non ero mamma, neanche lontanamente, anzi: frequentavo ancora la Scuola del Cinema e un mio professore (produttore del film stesso) ce lo propose in visione. Me ne innamorai, e dopo che sono diventata mamma ne ho capite molte più cose.

Si tratta di una ricostruzione per immagini (i filmini di famiglia) della storia della madre della regista: una giovane, bellissima donna della migliore borghesia Milanese che negli anni ’60, sposata felicemente e con due bambini che adora, sprofonda in una penosa depressione finendo ricoverata (rinchiusa) in una casa di cura da cui non uscirà mai. Liseli si getterà da un balcone all’età di 33 anni.

Non voglio dirvi molto di questo film, le parole non renderebbero giustizia ad un opera che è fatta soprattutto di immagini che veicolano senso e sensazioni meglio di quanto farebbe qualsiasi trattato. Parla di una donna che è andata, o è stata lasciata andare alla deriva, che ha vissuto in un’epoca diversa da quella in cui viviamo ora. Ma è davvero così diversa? E lei è davvero una donna “malata”, diversa da tutte le altre?

A me sembra proprio di no e le sue parole (quelle delle lettere che, tramite la voce della regista, ci raccontano questa storia facendo da contrappunto alle immagini). Sono le nostre parole, lo sono state, lo saranno.
Questa sera ho sentito il bisogno di riguardare questo film per sentirmi meno sola e un po’ più forte.
Riconfermo a me stessa di non essere schizofrenica ma semplicemente umana.
Riconfermo che quella fotografia di stamattina è il mio pensiero felice, oggi, stasera e per sempre.

Vi propongo tre stralci: una pagina di diario di Liseli quando era ancora ragazza e due lettere alla madre scritte dagli Stati Uniti, dove si era trasferita per seguire il marito.

Oggi avevo bisogno di parlare con qualcuno che cercasse di capirmi, ma il papà mi ha fatto una semiscenata. E’ un egoista, ecco tutto. E quando anche si discute e vede di aver torto, alza la voce e urla, perché così fa anche in ufficio, dove è abituato a comandare. Sono contenta in questi tempi di riuscire a rispondere meno, e di dare meno tinta patologica ai casi che mi succedono. Bisogna che mi tolga il vizio di fare la vittima. Scommetto che poi domani verrà a dire: tesoro mio, o simili sciocchezze. Ma appena avrà un pochettino torto e se ne accorgerà, alzerà la voce rinfacciando cose che non c’entrano. Frasi tipiche come: io lavoro per voi. E cosa fanno gli altri padri? Qual è il dovere di un padre? Fa pressione sui nostri sentimenti lagrimevoli abusando di una cosa seria. In ogni modo coi miei figli dovrò sempre ascoltare le loro ragioni, perché è stupido avere torto anche quando si ha ragione. Perciò, condotta da tenere: non urtarsi con i genitori e non seccarli troppo con le faccende della tua coscienza, perché ci sono per loro altre cose più importanti.

Mamma mia carissima, mi sembra tanto tempo che non ti scrivo. Io ho sempre più nostalgia di voi. Tu dirai: ma hai Martino, Alina, Antonio. Sì è vero ma non è la stessa cosa. Io mi sento piena di responsabilità, e così mi sembra di essere sola.

Carissima Mamma, grazie per la tua lettera alla quale rispondo subito. Qui va bene nel senso che fortunatamente non ho più gli incubi e i sogni terrorizzanti che avevo di notte e che mi impedivano di dormire e che mi sconvolgevano la mente. Martino è molto nervoso e scosso ed è difficilissimo trattarlo. Antonio dice che è così perché io sono nervosa. E’ vero. Ma un po’ è perché sono stanca e tesa, e un po’ perché Martino è così e così è un cerchio chiuso. Forse tu mamma mi capisci. Martino mi sveglia due volte per notte, non vuole mai andare a dormire, lo corico almeno dieci volte ogni sera, il tutto con urli e distruzione. Così io piango spesso quando lui urla ma devo fare tutto quello che c’è da fare. Mangiare diverso per tre: Martino, Alina e noi, a tre orari diversi, perché Martino quando vede che do da mangiare ad Alina diventa geloso e vuole mangiare anche lui. Alina commina a quattro zampe e sai come vanno dappertutto e si tirano tutto addosso. Non è passato neanche un mese da quando sono qui, eppure ho una nostalgia che mi strazia il cuore. Adesso voi direte: la solita Liseli che non sa quello che vuole. Sappiate che mi mancate molto e vi abbraccio tutti con tenero affetto, specialmente te mammina adorata, cui sono stata, lo ammetto, così lontana in questi anni e che ora, lontano fisicamente, vorrei avere vicino ed essere consolata come Martino vuole essere consolato da me quando è troppo spaesato. Mi sento un po’ ridicola ma vorrei essere coccolata da te cara mamma, scusami.

Un’ora sola ti vorrei” di Alina Marazzi, prodotto da: Venerdì e Bartlebyfilm in coproduzione con RTSI Televisione Svizzera con la partecipazione di TELE+, Italia, 2002, 55 minuti.

Se volete vederlo, lo trovate in vendita qui.

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  • Cherry tree Aprile 6, 2013 at 11:47 am

    Anche io l’ho visto nel periodo universitario, mi pare l’avessero dato al TFF.
    Mi ricordo che mi aveva colpito moltissimo.
    Ci avevo fatto anche una foto: http://www.flickr.com/photos/fattore_s/2301762603/in/photostream
    Quando il piccolo nascerà, proverò a rivederlo 🙂

  • Mara Marazzina Aprile 6, 2013 at 12:50 pm

    lo guarderò stasera! ciao mammaduepuntozero <3

  • Simo Aprile 6, 2013 at 9:08 pm

    Mai visto ma mi hai incuriosito…

  • baby @ the city Aprile 7, 2013 at 7:35 pm

    Io provo le stesse sensazioni e spesso ricaccio indietro le stesse lacrime di cui tu parli ma ho una figlia sola…. Penso che siamo umane e che ogni tanto avremmo bisogno di poter mettere in pausa la nostra vita per riprendere fiato!
    Detto questo, vado a vedere il film 🙂

  • CATTIVE MADRI | mammaduepuntozero Maggio 1, 2013 at 8:59 pm

    […] (e vergognoso) delle produzioni indipendenti, di Alina Marazzi, autrice di cui già vi ho parlato qui. Il film si chiama “Tutto Parla di Te” ed è un docu-fiction (come si suol dire con […]