Sono nata nel 1979, all’inizio della fine di un’epoca cominciata con il dopoguerra e finita con Beverly Hills 90210.
La malattia della mia generazione è una malinconia di aspettative disilluse, di cose perdute senza averle mai avute per sè. Abbiamo riposato cullati da braccia generose per tutta l’infanzia, educati ad avere tutto e a desiderare sempre di più, in un tempo in cui tutto sembrava possibile.
E in effetti non era sempre stato tutto possibile, da che i nostri genitori ricordassero?
La malattia della mia generazione è un perenne jet-lag che non si riesce a recuperare: non sappiamo bene se è presto per sperare, o se è troppo tardi per farlo.
La malattia della mia generazione è il pessimismo di chi, da che ha memoria, ha visto le cose sempre solo peggiorare.
La ricchezza della mia generazione è che non è rimasto molto da togliere a qualcuno a cui hai tolto la speranza e i sogni. La fiducia la teniamo in tasca, al caldo, in attesa della prima occasione buona per concederla a qualcuno che se la meriti davvero.
La fortuna della mia generazione è che siamo tornati a comprendere il valore delle cose al di là del loro prezzo in denaro, perchè hanno provato a comprare anche noi, non col denaro ma con le illusioni e in questo modo ci hanno aiutati a capire.
La forza della mia generazione è che abbiamo imparato a volere di meno e a dare di più.
La forza della mia generazione è che non è più disposta ad ipotecare vita in cambio di denaro, perchè ha visto le vite di chi è stato disposto a farlo e non le sono piaciute per niente.
Quei vecchi che ci stanno ipotecando il futuro, un giorno, senza soldi, si sgretoleranno e precipiteranno nel vuoto etico e morale in cui hanno scavato loro stesse esistenze.
Noi saremo in piedi, e non perchè abbiamo imparato a fare a meno di tutto, ma perchè avremo imparato a lasciare indietro il superfluo, tutto ciò che non ci serve davvero e ci appesantisce nella corsa.
Applausi! (da una nata un anno dopo di te)