storytelling

Qualcosa da lasciare indietro mentre muoio | Wor ( l ) ds of Zelda #8

Novembre 19, 2013

 

Qualcosa da lasciare indietro mentre muoio

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Il biglietto per arrivare fino alla fine del mondo (e ritorno).
Un modo per scandire il ritmo del tempo che passa, e farlo rotolare via in un giro di valzer.
Un posto dove raccogliere e conservare pezzi di vita trovati per terra.
Una camera oscura in cui emergano dal buio istantanee di vita segreta.
Una carta da pacchi colorata di cui rivestire le cose di cui ci si vergogna: che ne tramuti il senso e ne sovverta il destino.
Una camminata su un marciapiede affollato: nuda sì, ma coi calzini. E il bambino che alza la mano e dice: “Guardate, guardate! Calzini a pois!”
Ma anche una passeggiata nelle scarpe di qualcun altro, per un metro, un chilometro, o fino alla fine della storia.

Ognuno cerca una cosa diversa, quando scrive.

Se devo dirla tutta, è il biglietto per l’eternità, qualcosa da lasciare indietro mentre muoio, quello che sto cercando io.


Wor(l)ds – Words/Worlds, è un gioco di scrittura creativa collettiva inventato da Camilla, aka Zelda was a writer: a partire da una lista di oggetti, i partecipanti sono invitati a immaginare una storia di massimo 900 battute.

Questa settimana Camilla ci ha sfidati a parlare della scrittura: perchè lo facciamo, chi ci ha ispirato, cosa ci spinge. Io non sono stata capace di individuare uno scrittore od una scrittrice che abbia determinato la mia pulsione a scrivere.

Ho avuto tanti amori, nella mia carriera di lettrice. Molti probabilmente ora non mi sovvengono nemmeno; di altri ho letto tutto il leggibile e se anche ora non mi viene in mente il loro nome, sicuramente conservo sottopelle la sensazione che mi hanno lasciato.

Ricordo “Le Sorelle Materassi” di Palazzeschi, “L’Illusione” di Federico de Roberto, “Memorie di una Reginetta di Provincia” di Alix Kates Shulman.
Ci sono stati anche “Una Relazione” di Cassola, e “Lolita” di Nabokov trovati rispettivamente su una bancarella ed in una cartoleria, in edizioni vecchissime ed ingliallite, letti e amati senza avere avuto a priori l’intenzione di scoprirli.

Ma il vero inizio, se ne devo indicare uno, sono stati “I Racconta Storie” che mio padre mi portava dopo il lavoro, cassetta e libro, e che aspettavo con trepidazione di settimana in settimana. Ma anche “La piccola Principessa”, di Frances Hogdson Burnett che, ben prima del cartone animato, mi aveva fatta appassionare delle sventure della piccola, buona e dolce Sara e far tardi sotto le coperte con la pila accesa.

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