Fino a pochi mesi fa ero una donna a impatto zero sulla città. Viaggiavo coi mezzi, o al massimo in motorino: occupavo poco spazio, inquinavo pochissimo e non ero pericolosa per nessuno se non per me stessa.
Da settembre invece no. Guido ogni mattina: porto le mie figlie nelle rispettive scuole, parcheggio alla cazzodicane, subisco l’incoscienza dei pedoni e stramaledico il traffico, la pioggia – che fa aumentare il primo – e il governo ladro. Tutto nell’intimità del mio abitacolo, anzi, spesso nell’intimità del mio cervello per non far arrivare imprecazioni alle orecchie sante della Dodo, che già ci pensa Fabio Volo a insegnarle una discreta gamma di parolacce ogni mattina.
Mi contraddistingue, cionondimeno, un livello di pazienza e civiltà assai maggiore di quello della media degli automobilisti milanesi, i quali, fra le altre pessime abitudini, hanno quella di utilizzare il clacson in modo improprio.
Ci sono gli Amfetaminici, quelli che nell’istante esatto in cui scatta il verde ti piazzano una clacsonata decisa e perentoria: “Muoviti!”. Delle due l’una: o se ne stanno col dito in posizione – leggera pressione, nervi tesi, pupille dilatate… – e, con una perfetta coordinazione oculo-manuale, accompagnano lo scatto del semaforo ad un gesto fulmineo del pollice, oppure conoscono la durata degli intervalli tra i semafori e contano.
Dovunque stiano andando, hanno sempre più fretta di te, che te ne stai lì a consumare preziosi nanosecondi delle loro vite, indugiando davanti ad un semaforo verde.
Ci sono i Cortesi, che son quelli che preferisco – sarà che ne faccio parte anche io. Quelli che allo scattare del verde aspettano qualche istante, poi sbirciano dentro l’abitacolo dell’auto antistante, immobile, concedono ancora il beneficio del dubbio per qualche secondo e poi, “Bip!”.
L’automobilista distratto, a quel richiamo, distoglie finalmente gli occhi dal telefono e parte.
Ci sono i Simpatici, quelli che usano il clacson come mezzo per farsi notare, e dopo che ti sei voltata per capire che diavolo stia succedendo, rischiando nel frattempo la vita, ammiccano, sorridono, gigioneggiano.
La tristezza proprio.
Ci sono i TSO, quelli che “Sicuro, hai ragione tu, basta che ti calmi!”. A quelli lì serve un pretesto: l’indugiare davanti al semaforo verde di un altro automobilista, l’incedere troppo lento di un’auto davanti a loro, un taxi che debba svoltare a sinistra su un viale trafficato, costringendolo in coda mentre la corsia di destra scorre veloce, una bici che, in assenza di ciclabile, ripiega sulla carreggiata delle auto. La SUA carreggiata.
Lui non sta solo suonando il clacson; lui ti sta insultando, ti sta picchiando, si sta ribellando alle angherie dei bulli dei tempi delle medie e vendicando della biondina che lo rifiutò in quinta ginnasio.
E così suona, risuona e suona ancora. E impreca e urla e diventa rosso. E voi tirate dritto, a passi lunghi e ben distesi, perchè se questo qui scende dalla macchina, a-i-u-t-o.
E infine ci sono gli Entusiasti. Sono i tifosi della Coppa del mercoledì, quelli dell’anticipo del giovedì, quelli del derby del sabato sera e gli irriducibili di San Siro la domenica pomeriggio. Loro suonano perchè sono felici, e tu, mentre stramaledici il pallone, i Talking Heads, Martin Scorsese e Diego Armando Maradona, ti ricordi delle Vuvuzelas dei Mondiali del 2010 e ringrazi il Cielo perchè ti poteva andare peggio, potevi nascere in Sud Africa.
bellissimo!
Per fortuna qui il clacson è raro.
beati….
😉
Ed infine ci sono quelli che, nonostante lo stress, scrivono post bellissimi come questo.
Ma wow! No dico wow!!!
Che bel complimento…
Grazie!
Assolutamente sentito. Soprattutto, vero.
Ancora più grazie.
E comunque: se non li puoi combattere, ridici su. No?
😉
E ridere, come si dice e come già è noto, fa bene.
Quel “gigioneggiano” lo adoro proprio!
Ma poi non rende, anche onomatopeicamente, l’immagine?
[…] presa quotidiana in due scuole diverse, in due zone diverse della città, mi sono trasformata in un’automobilista seppur […]