to be a mom

Cerco ancora quella routine

Settembre 17, 2014

Il lavoro di una mamma è composto all’incirca da: 60% amore, 20% senso di colpa, 10% mi metto in discussione e 10% mi metto nelle mani di uno psichiatra.

Al momento sono a metà tra i due 10%: sto mettendo in discussione la mia agenda, quella che gradirei tanto omaggiare di una routine ma che continuano ad andare per i fatti loro, e sto seriamente considerando di internare la me che si adopera nei comportamenti più odiosi che io riesca ad individuare nelle madri di tutte le specie.

Minaccio cose tanto incongrue quanto “per punizione non vedrai i cartoni animati per 4 giorni!“, urlo – un mio grande classico -, litigo con loro padre davanti a loro, le apostrofo malamente quando cercano di attirare la mia attenzione completamente assorbita da altro, tipo una telefonata di lavoro. 

Poi magari decido che “Fanculo il lavoro! Tutto ciò che può aspettare aspetterà!” e invece di arrabattarmi tra una scrivania piena di carte e liste di “to do” e due bambine, orfane di asilo a tempo pieno, annoiate e petulanti, le prendo e le porto al parco, oppure mi metto per terra a imparare giochi con loro e improvvisamente i ritmi rallentano e io mi sento Mary Poppins. Comincio persino a cantare con una squillante vocina di testa da soprano leggero, o con un falsetto profondo e vibrato, per farle addormentare.

State sveglie ad aspettar
che la notte venga giù,
Che la luna salga su,
State sveglie, ad aspettar.

Tutto il mondo dormirà,
mentre sveglie noi sarem.
Ed insieme sognerem,
Sognerem ancor così,
Aspetterem spuntar il dì.

Naturalmente sono orgogliossissima di me in quei momenti.
Naturalmente nutro forti sensi di colpa per l’improduttività forzata.
Come potete ben vedere, non ho idea di quello che sto facendo, almeno la metà delle volte.

Ma se mi fermo a pensare, guardandomi come dall’alto, mi domando cosa sia realmente che mi impone quella corsa per cui alle 7:30 sono già attiva, e alle 23:30 (come ora) sono ancora al computer; a parte l’ovvio, chiaramente. Perchè io in quel tempo dilatato a giocare per terra o a fissare uno scivolo al parco, non ci sto mica male, sapete? Perchè allora devo sempre aggiungere fare su fare, e non mi basta mai?

Mi domando cosa ci trattenga veramente dal rallentare. Ho come l’impressione che siamo delle macchinine lanciate giù da una collina, che più scendono il declivio e più aumentano di velocità, mentre la corsa alimenta altra corsa, fino allo schianto.

L’altra sera ho visto un film, si intitola “Yuri Esposito” ed è la storia dell’uomo più lento del mondo, che un giorno, in ansia da prestazione per la prima volta nella sua vita, alle soglie della paternità, si mette in testa di voler accelerare, nonostante gli effetti collaterali.

E’ un film davvero garbato, che non ha avuto una distribuzione nelle sale, come capita a molti più film di quanto immaginiate. Come capita a quasi tutte le opere prime, per la verità. E’ un patrimonio immenso, che va pressochè sprecato: perchè un film, per vivere, deve essere visto.

Quindi una sera di quelle in cui vi lamentate che non c’è niente in tv, guardatevi questo, poi mi fate sapere:

YURI ESPOSITO sub Eng from Alessio Fava on Vimeo.

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  • gab Settembre 17, 2014 at 12:02 pm

    io mi sento come te in questo post e come te nel post della routine….
    Mi sento tanto confusa e a volte ingrata. Io accelero, minaccio urlo e poi mi fermo con lei a ballare, per riprendere a correre una mezz’ora dopo e…uff, mi vedrò il film, ecco! una di queste sere in cui il marito è fuori…ops! ma lui è molto spesso fuori! vabbe’, me lo vedrò da sola, rilassata sul mio divano, all’ora in cui rallento. 😉

    • Silvia A. Ottobre 3, 2014 at 10:52 pm

      L’hai poi visto il film, Gab?
      🙂

  • Il social media marketing secondo me – ovvero – If you pay peanuts, you get monkeys | meduepuntozero Settembre 19, 2014 at 12:48 pm

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