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Quattro ragazze normali – 4 di 4

Febbraio 6, 2018

4. Probabilmente è stata colpa mia

La ragazza ha 27 anni: indossa un paio di jeans a gamba dritta, una camicia bianca e un gilet nero in finta lana di Zara, gli scarti della stylist dell’ultima produzione.
Il capo l’ha mandata allo sbaraglio: deve gestire da sola il suo primo spot. Non è una cosa complicata, si tratta di un montaggio di filmati di repertorio, ma il cliente è una delle più grosse agenzie pubblicitarie di Milano e il suo diretto interlocutore sarà il tizio che dà il nome all’agenzia.

La sede è un agglomerato di arredi e oggetti di design all’ultima moda, alle pareti dell’ufficio del Direttore Creativo pendono una quantità di stampe e di quadri, alcuni dei quali portano la sua firma. Macchie di colore, roba astratta che la ragazza non capirebbe, neanche se si soffermasse a pensarci, cosa che non fa perché è troppo concentrata sull’essere all’altezza.
Lui è galante, estroso, istrionico e ha trent’anni più di lei. A prima vista le sembra gay.

Il peso della responsabilità si fa sentire ma allo stesso tempo la ragazza si sente fortunata ad avere un’opportunità così, e ringrazia di avere incrociato sul suo  breve percorso professionale chi gliel’abbia concessa. A posteriori sospetterà che si sia trattato di semplice opportunismo finalizzato a ridurre i costi del progetto, ma in quel momento l’idea non la sfiora.
Si sente invece al cospetto di una futura carriera di successo che probabilmente non si merita, ma basta non darlo a vedere, dice a se stessa.

Una volta selezionati i filmati di repertorio, si ritrovano in sala montaggio in zona Paolo Sarpi, lei e il Direttore Creativo, e lui a un certo punto le propone di fare un giro, intanto che il montatore finalizza il progetto. Passeggiano per Corso Como, una delle vie più lussuose e cafone della città, il posto perfetto in cui sentirsi un pesce fuor d’acqua per lei e per il suo maglioncino di Zara di scarto e il cappottino preso all’outlet che ha fatto tutti i pelucchi. Lui invece è nel suo brodo, si muove con la sicurezza di chi potrebbe entrare in uno qualsiasi di quei negozi e comprare qualsiasi cosa.
Infatti di lì a poco entra in Corso Como 10, tirandosela dietro: è una specie di grande magazzino chic, le cui pretese intellettualistiche sono condensate e compresse in un reparto di libri e musica su un soppalco. Attraversano i reparti al piano terra, strabordanti di abiti e oggetti eccentrici e carissimi, e approdano in un’area in cui, dentro teche di vetro da gioielleria, sono esposti alcuni sex toys di design.
Lui si ferma proprio lì, indugia su quegli oggetti, li osserva e fa commenti su ognuno. Ride. Lei sorride, si tocca continuamente i capelli.
Non entrerebbe in un sexy shop con il suo fidanzato, figuriamoci se è in grado di gestire una situazione del genere insieme a quella che aveva creduto essere una vecchia checca e che invece adesso (“forse, chi lo sa, ma magari sono io che sto travisando tutto”) sembra lasciarle intendere che se la scoperebbe volentieri.
Tra un sorriso e uno sguardo imbarazzato, riesce a stare al gioco senza compromettersi, poi finalmente cambiano reparto.

Lui compra un CD, quando escono glielo consegna: «Questo è per te», le dice.
È una raccolta di musica lounge che lei non infilerà mai in un lettore, ma terrà per sempre nella libreria, in ricordo di quella volta che ha iniziato un lavoro sforzandosi di impersonare la professionista in pieno controllo della situazione, e lo ha finito sentendosi come una tredicenne che viene sbattuta sull’erba e masturbata contro la sua volontà da un tipo che le chiede: «Ti piace?».
E basterebbe uno sguardo per capire che la risposta è no.

Quando torna a casa, la ragazza racconta la sua giornata al suo ragazzo. Non omette l’episodio dei vibratori, cercando di normalizzarlo nel racconto e nella sua testa. Il fidanzato però non la trova una cosa normale: «Ti sei fatta portare in un sexy shop da un tizio?».
«Non era un sexy shop, non era nemmeno un vero e proprio reparto. Stavano là, in mezzo ai vestiti, nelle teche di vetro», si giustifica lei, innanzi tutto con se stessa.

Il fidanzato non la prende bene, anzi, si incazza di brutto e lei si convince di avere sbagliato qualcosa e che forse quell’imbarazzo se lo sarebbe potuto evitare se fosse stata una vera professionista, se fosse stata all’altezza della situazione.
Quando in seguito il Direttore Creativo le manderà alcuni sms, lei li cancellerà subito e non dirà niente al suo fidanzato, né ad anima viva.

 

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[La protagonista di questi racconti potrebbe essere sempre la stessa ragazza, ma potrebbero anche essere quattro diverse. La ragazza di questi racconti potrei essere io, ma potrebbe essere chiunque.

Questa ragazza è nata e cresciuta in un sistema che funziona così: ne ha appreso le regole e si è sempre comportata di conseguenza. Ci è stata male, a volte. Altre è stata lei a fare del male, dentro le regole, dentro questo sistema marcio che danneggia tutti: i maschi e le femmine, in egual misura.

Quello che toglie alle donne in termini di potere e di autodeterminazione, lo toglie ai maschi in termini di possibilità di convivenza felice con quelle donne di cui non possono fare a meno di innamorarsi.

Per questo cambiare il sistema dovrebbe interessare a tutti.]

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